8 Marzo 2025

        L’8 Marzo, per tradizione o per convenzione, si festeggia la donna. Perché mai dovremmo festeggiare un essere umano? Non decantiamo la forza, il coraggio, i valori degli uomini. Eppure, la donna per un giorno la celebriamo con fiori, regali, pensieri e ne esaltiamo le doti, le virtù, l’intelligenza, il coraggio per ricordare agli uomini, e forse anche a loro stesse, che esse in tutto sono uguali agli uomini. E perché mai dovremmo ricordare agli uomini che la donna è loro pari? forse perché da quando l’essere umano esiste essa, per cultura, per convenzione, per convenienza dell’uomo, gli è stata sottomessa? Ma dobbiamo ricordarcelo ancora oggi che l’umanità ha migliaia di anni di civiltà? E certo, perché nonostante la sua avanzata età il genere umano non è ancora in grado di comprendere appieno che il valore della donna va’ oltre la sua considerazione a mero oggetto materiale. La mentalità patriarcale e misogina non è decaduta in conseguenza della crescita della umanità e se picchiare la moglie solo per indurla all’obbedienza, in un’epoca come il Medioevo, era pratica usuale anzi codificata, farlo in tempi odierni diventa una eccezione. Si una eccezione, ma grave. In questi casi si parla di perversione, di mentalità deviata, di considerazione malata e contorta della donna. E si urla allo scandalo, si protesta in massa, si fa muro contro l’ignoranza e l’arretratezza considerandoli fenomeni isolati.

Le donne dei secoli passati non ci pensavano proprio a celebrarsi: vivevano ingabbiate nei pregiudizi che le volevano relegate al ruolo di mogli e madri obbedienti e quando una di loro scopriva di avere un talento da mettere al servizio del mondo doveva lottare strenuamente e di rado aveva successo. Le donne del passato per emergere dovevano combattere innanzitutto con l’ignoranza e la chiusura della loro stessa famiglia e delle loro madri per le quali già il solo fatto di far imparare a scrivere e leggere alle figlie era atto sovversivo quanto pericoloso: una moglie non aveva bisogno di erudizione per servire in casa e partorire figli, e poi al marito una moglie che poteva tenergli testa era cosa assai pericolosa.

In questo contesto si delineano nel Medioevo figure come Caterina Da Siena, Giovanna D’Arco e Christine De Pizan che, ognuna per aspetti differenti, combatterono fino alla morte per affermare il loro credo.

 

CHRISTINE DE PIZAN. LA PRIMA SCRITTRICE FEMMINISTA DEL MEDIOEVO

«Ahimè, mio Dio, perché non mi hai fatto nascere maschio? Tutte le mie capacità sarebbero state al tuo servizio, non mi sbaglierei in nulla e sarei perfetta in tutto, come gli uomini dicono di essere…»

Così lamenta la scrittrice Christine de Pizan quando, una sera in cui stanca per il continuo studio sui libri, per svagarsi, si trova tra le mani un trattato in latino del XIII secolo dal titolo Liber lamentationum e si rende conto che esso, più che un trattatello di genere comico, è in realtà un ammonimento per gli uomini a non sposarsi a causa delle caratteristiche  negative delle donne per natura inclini alla chiacchera, a comportamenti folli, al vizio e alla stupidità e li esorta per tali motivi a prendere in casa un domestico sicuramente più affidabile e proficuo di una moglie.

A ben guardare la storia e la vita di Christine mai si direbbe che essa possa essere sincera in questa sua affermazione che, anzi, al contrario nasconde grande amarezza e vibrante ironia. Infatti, Christine, attraverso la scrittura dedicò tutta la sua vita a confutare il pensiero, comune nella sua epoca, della inferiorità femminile e a celebrare il valore delle donne. Una femminista, la si potrebbe quindi definire oggi, una attivista della causa femminile più usuale nell’era moderna che nel Medioevo, epoca in cui ella visse.

Rispetto ai primi secoli caratterizzati da guerre, pestilenze e superstizioni gli ultimi secoli del Medioevo, denominati Basso Medioevo, sono un’epoca di ottimismo e fiducia nella umanità e nel progresso. È in questo clima di fioritura culturale che il bolognese medico ed astrologo Tommaso da Pizzano, impiegato a Venezia come consigliere per gli affari esteri, viene chiamato in Francia per ricoprire l’incarico di medico personale del re Carlo V ‘Il Saggio’. Christine, che nasce a Venezia nel 1364, si sposta a Parigi ancora piccola (ecco che il suo nome diviene Christine De Pizan) e cresce in mezzo ai libri della biblioteca paterna incoraggiata dal padre ad imparare a leggere e scrivere; con aperta disapprovazione della madre che la vuole destinata al matrimonio ed alla procreazione. Insolito il comportamento paterno (molte donne famose del Medioevo non avevano nemmeno le basi della istruzione (Caterina Da Siena e Giovanna D’Arco non sapevano né leggere né scrivere) ma perfettamente allineato quello della madre, ingabbiata come tutte le donne, nella trappola della istruzione vietata alle donne perché incapaci o non meritevoli.  

Christine però non rifiuta il matrimonio anzi accetta di buon grado il marito che la famiglia ha scelto per lei quando ha appena quindici anni, ha tre figli e ama il marito fino alla sua morte avvenuta prematuramente quando Christine ha 25 anni. Questo cambia la sua sorte e rimasta anche senza padre è costretta a gestire l’economia della famiglia. E siccome di risposarsi non ne vuole sapere, perché fedele all’unico amore, si industria per mantenere figli e madre a carico: scopre che il marito è creditore di molti stipendi non corrisposti e così da sola si avventura per uffici per recuperare ciò che le spetta affrontando lo scherno e le maldicenze dei funzionari che la osteggiano. Ci metterà più di quindici anni per vincere questa battaglia contro le istituzioni. Poi si impiega in una copisteria e da qui inizia a scrivere ballate in memoria del marito morto, ballate sulla solitudine e sulla sorte avversa. Questi scritti ricevono grande apprezzamento negli ambienti della corte dentro i quali Christine si muove, le vengono commissionati e pagati anche molto bene. Dopo la morte di Carlo V di Francia le viene commissionata la biografia del re ed un libro di analisi della situazione del regno (Carlo VI ‘Il pazzo’ è morto e la competizione tra i principi per la discendenza getta la Francia nella guerra civile lasciando all’Inghilterra di Enrico V la possibilità di avanzare pretese al trono).

Stila trattati di filosofia, di politica, di storia, di araldica, di arte militare; fa propaganda alla necessità di corrispondere al re le tasse che servono per pagare le spese militari e fare le leggi ed esorta a nominare i funzionari pubblici non per clientelismo ma dopo avergli fatto sostenere un esame di Stato. In quindici anni scrive sette libri tutti su ordinazione. Tutto quello che sa lo trova sui tomi della immensa biblioteca di Corte, studiandoli assiduamente e quello che non sa se lo fa raccontare intervistando chi ha vissuto accanto al re, chi ha fatto la guerra, chi è esperto in arti varie. E i suoi libri li pubblica. Ma in che modo, se la stampa non è ancora stata inventata? Assume copisti, per duplicare i suoi manoscritti, disegnatori e miniaturisti per abbellirli diventando così una imprenditrice. Ogni sua opera porta in sé le miniature che la raffigurano nelle diverse attività in cui è impegnata: lei che scrive, che legge, che presenta al re il nuovo manoscritto.

Poi vivendo in ambienti in cui la istruzione è solo maschile e le donne ne sono estromesse, perché così conviene agli uomini (una donna ignorante resta sottomessa), Christine affida alla sua penna un monito per tutti gli esseri umani: alle donne suggerisce di prendere consapevolezza delle proprie capacità, di desiderare per se stesse una erudizione, di interessarsi degli affari del marito così da non restare spiazzate in casi avversi;  agli uomini dice di responsabilizzare le mogli sui loro affari e dare loro fiducia nella gestione della casa, di non picchiarle per farsi obbedire e di considerarle padrone della loro casa e non serve; di non sedurre le donne e poi vantarsene, di non dire di esse ‘che sono buone solo a piangere, a parlare, a filare e ad andare a letto’. E tutti questi consigli li racchiude in un libro indirizzato al figlio.

Una sera per alleggerire la mente stanca da tanto studio sui libri le capita tra le mani il libriccino, Liber lamentationum, un trattato in latino scritto del chierico Mateolo nel XIII secolo. Christine lo mette da parte per andare a cenare e lo riprende la mattina seguente avendo la possibilità di sfogliare quelle pagine in cui, con suo grande stupore, l’autore elenca tutte le miserie, i giudizi e gli esempi negativi della vita matrimoniale dandone la colpa alle donne. Rimane di stucco e decide di scrivere le sue argomentazioni per confutare i pregiudizi malevoli esposti nel trattato e riabilitare le donne in un’opera dal titolo Livre de la Cité des Dames scritto tra il 1404 e il 1405. Ad aiutarla nel compito di edificare una ‘Città per dame’, “un luogo in cui potersi rifugiare e difendere contro così tanti assalitori”, giungono in suo soccorso dama Ragione, Rettitudine e Giustizia inviate a lei da Dio in virtù del suo amore per lo studio. Queste quattro depositarie della conoscenza citano una serie di donne illustri e virtuose che con il loro esempio e con il loro sapere possano dimostrare quanto la donna non sia seconda all’uomo e quanto essa valga.

 

 

 L’opera di genere allegorico è strutturata in forma di dialogo tra Christine e le dame che simboleggiano le tre qualità umane. All’inizio del primo libro (l’opera consta di tre libri) Ragione invita Christine ad iniziare a scavare le fondamenta della città ripulendo prima il terreno dai pregiudizi e dai luoghi comuni sulle donne che le danneggiano. Una volta compiuta questa operazione, si può posare la prima pietra che è la regina Semiramide vissuta nel IX secolo a.c.: tradizionalmente rappresentata come esempio di lussuria e inganno, nella Città di Christine diventa una figura eroica che sa governare e combattere. Altre donne invitate ad entrare nella città protetta sono figure della mitologia greca, poetesse greche, personaggi storici come Isabella di Baviera, Margherita di BorgognaBianca di Castiglia; fino ad arrivare alla donna che sarà “a capo del sesso femminile” la Vergine Maria accompagnata da Maria Maddalena e dalle Sante. 

Nel libro Christine affronta il tema della violenza sessuale, anche all’interno del matrimonio, sostenendo che gli uomini, di fronte ad una denuncia di stupro sono pronti a sostenere che sono le donne a provocarlo e che ad esse non dispiace essere violentate.

Gli ultimi undici anni della sua vita Christine li passò in un convento dove preferì ritirarsi piuttosto che lasciare la sua Francia che stava per capitolare sotto gli inglesi. Morì presumibilmente in torno al 1430 quando aveva poco più di sessant’anni.

       Temi forti quelli che Christine affronta con coraggio e soprattutto con conoscenza e sapere e con la consapevolezza di rivolgersi non solo all’ambiente della corte francese ma di sfidare quegli intellettuali che si consideravano gli unici depositari del sapere.

E se la istruzione nei secoli a seguire è divenuta sempre di più accessibile alle donne il merito è da attribuire anche a Christine, prima scrittrice professionista della storia, paladina della istruzione per le donne e del valore femminile nella società in un periodo definito, a torto, oscuro e buio. Per tali motivi Christine De Pizan, i cui scritti iniziarono ad essere notati e studiati solo a patire dalla prima metà del Novecento, è stata definita protofemminista e anticipatrice del femminismo moderno. 

 

Conoscete questa scrittrice? Cosa rappresenta per voi l’8 Marzo?

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