24 Dicembre 2024

         Qualche giorno prima del fatto che mi accingo a raccontare, sullo scaffale della mia biblioteca dove sono collocati i libri avuti in eredità da mio padre, tra testi scolastici (tra cui una Antologia di poesie e prosa di Carducci, Pascoli e Mussolini, un libriccino di Eschilo) e alcuni volumi delle collane di Jeffrey Deavers e Wilbur Smith a cui mio padre si appassionò negli ultimi vent’anni, fui attratta da un romanzo intitolato “Il Bracconiere”: a colpirmi era stato il disegno in bianco e nero presente sulla copertina e, ben più grande, anche sui risguardi all’inizio ed alla fine del libro, raffigurante un castello immerso in una distesa di erbe incolte, quasi fossero fiamme nell’atto di divorarlo, che mi rimandava alla mente narrazioni infarcite di streghe, cavalieri e donzelle indifese. Anche se la storia non era proprio così in realtà capii presto di avere tra le mani un libro di genere ‘campestre’ avente a protagonisti ricchi prepotenti e poveri contadini vessati.

        Un pomeriggio degli inizi del mese di Novembre, ormai all’imbrunire, alla fine di un intenso allenamento sul Dragone il nostro timoniere e capitano ci regalò uno di quei preziosi momenti di riflessione che a noi dragoni piacciono tanto, raccontandoci di avere accompagnato quella mattina le donne della sua famiglia al cimitero: era infatti il primo giorno del mese di Novembre ricorrenza di Ognissanti ed anticipo della successiva giornata in cui, dalle mie parti, si celebrano i defunti. Fabrizio rifletté sulla importanza di onorare i nostri cari estinti rammentandoci che un giorno sarebbe toccato a noi divenire l’oggetto di quelle visite. E siccome le sue parole hanno sempre su di me un grande effetto decisi che avrei onorato la memoria di mio padre leggendo proprio quel libro che avevo individuato un paio di giorni avanti.  

Durante la lettura constatai che la scelta era stata assolutamente azzeccata sia perché il libro raccontava una storia di contadini (e mio padre era stato floricultore e contadino prima che insegnante di agronomia) ma anche perché tra le pagine della narrazione l’autore descrive proprio la ricorrenza dei defunti nella regione del Perigord nel sudovest della Francia nella prima metà del mille ottocento: “Per la festa di Ognissanti, che cade la vigilia dei Morti, in certe case la sera si cenava in famiglia, e durante il pasto si parlava dei parenti defunti, delle loro qualità e difetti; e si beveva anche alla loro salute! Finito il pasto si lasciavano i resti del cibo sul tavolo, e si aggiungeva del pane e del vino. Quindi se ne andavano tutti lasciando il posto ai defunti”.  Tradizione e superstizione (come lo stesso autore fa dire al curato del suo racconto) si intrecciano nella descrizione della celebrazione dei defunti nella Francia della metà dell’Ottocento così come cristianità e paganesimo si fondono ancora oggi nelle celebrazioni di Ognissanti e dei defunti in molti paesi d’Europa.

Pubblicato nel 1899 con il titolo Jacquou le Croquant, ambientato nell’era della Restaurazione, quando i nobili fuggiti durante la Rivoluzione francese erano tornati a dettare la loro legge sui contadini che invece avevano perduto le conquiste politiche e sociali acquisite con la Rivoluzione, il romanzo racconta la vita misera e senza speranza di riscatto dei contadini del Périgord francese e della loro disperata e rassegnata rabbia contro le angherie. Il lieto fine del racconto però ci rivela che una rinascita del popolo a partire dal popolo stesso è possibile: il protagonista Giacomino, orfano dall’età di otto anni di entrambi i genitori a causa delle vessazioni del conte di Nansac, (il signorotto locale padrone di tutti i terreni coltivati, prati, boschi, vigne e foreste di quella Regione francese), paradossalmente libero dalla guida morale dei genitori, cresce con il solo scopo di vendicarsi del conte. E mentre la sua esistenza inizia a migliorare grazie alla sua forza fisica, alla sua rettitudine e bontà d’animo con il suo esempio Giacomino conduce il popolo a prendere consapevolezza del proprio potere e ad organizzare e realizzare la caduta del conte tiranno e della sua progenie: la conseguente confisca e messa all’asta dei terreni del conte determina la rinascita del paese ed un ribaltamento delle condizioni di vita della popolazione.

LE ROY SOSTENITORE DEI PRINCIPI DEL SOCIALISMO.

Le ultime battute del libro esprimono le idee socialiste e progressiste dell’autore: la ripartizione equa delle terre ai contadini che diventano “padroni a casa loro, non hanno paura di niente e hanno coscienza di essere uomini” determina un miglioramento delle condizioni di vita del popolo e di conseguenza la nascita della fiducia nelle istituzioni. Giacomino e i suoi compaesani si erano fatti giustizia da sé perché non c’era nessuno che li proteggesse (anzi l’autorità stessa era il tiranno vessatore) mentre adesso continua Le Roy, “…le grandi rivolte dei contadini, tanto frequenti una volta, ora sono diventate più rare, e finalmente sono scomparse”. Ora, che finalmente ognuno può ricorrere alla legge che protegge i deboli.  

LE ROY SOSTENITORE DELLA VITA IN CAMPAGNA

Giunto alla fine della sua vita, Giacomino (narratore in prima persona delle sue vicende) che ha avuto tredici figli, attribuisce la loro sopravvivenza (cosa straordinaria per quell’epoca in cui la mortalità neonatale ed infantile era altissima) alla vita sana e libera nei boschi. “Nati robusti e cresciuti in mezzo ai boschi erano difesi dalle malattie che dilagano nelle città dove si vive intasati”, lamentava Le Roy già nell’Ottocento!

E SOLIDALE CON LE DONNE

Continua Giacomino: “Se dico che ho avuto tredici figli non lo faccio per vantarmi perchè gli uomini non soffrono per averli; sono le povere donne che portano tutto il peso e si devono affannare per farli crescere”. Una importante attestazione di rispetto per le donne nell’unico ruolo che la società degli inizi dell’Ottocento gli attribuiva.

 

CHI ERA EUGENE LE ROY

Nato nel 1836 a Hautefort nella Francia sud-occidentale da genitori che lavoravano come servi e che per circostanze avverse dovettero lasciarlo ad una contadino del luogo, Le Roy fu fortemente influenzato dalle sue esperienze di vita tanto che molti suoi romanzi raccontano storie di bambini abbandonati; così come la sua formazione alla scuola rurale di Hautefort e le successive peregrinazioni nelle campagne a fianco dei contadini gli permise di approfondire la conoscenza di quella realtà osservandone i luoghi e il patrimonio.

Socialista e repubblicano, sostenitore della separazione tra Chiesa e Stato (per cui si rese autore sui giornali locali di articoli repubblicani e anticlericali), membro della Massoneria radicale durante la seconda metà del diciannovesimo secolo, anticonformista anche nella vita privata (nel 1877 Le Roy sposò la sua amante, con la quale aveva già avuto un figlio, con una cerimonia civile), lo stile di vita non convenzionale di Le Roy e il suo repubblicanesimo portarono al suo licenziamento come membro nel governo lasciandogli così tutto il tempo di dedicarsi alla scrittura.

La storia del contadino Giacomino, bracconiere e sovversivo per necessità, divenne nel 1969 una serie televisiva che ebbe molto successo in Francia. E nel 2007 venne prodotto anche un film per il grande schermo.

 

     Ultima suggestiva scoperta tra le pagine del romanzo fu un cartoncino rettangolare (probabilmente destinato a segnalibro) che rivela il nome della casa editrice di questa opera, la ‘Edagricole’: creata in Italia nel 1937 era specializzata in riviste e volumi che approfondiscono le tematiche agronomiche, veterinarie, agroalimentari e paesaggistiche. Sul retro della scheda, infatti, sono elencati i titoli delle sue pubblicazioni tra cui ‘L’ABC del frutticultore’, ‘La vacca e la sua erba’, ‘Il peperone’, ‘Mais in secondo raccolto’, ‘L’allevamento del colombo’, ‘Allevamento delle oche’. Il dubbio sul perché una casa editrice che si dedica esclusivamente al settore agricolo avesse pubblicato un romanzo e soprattutto perché mio padre lo abbia acquistato rimarrà per sempre irrisolto. Le ipotesi più verosimili sono che essendo considerato ‘Il bracconiere’ una storia appartenente al genere ‘campestre’ potesse stare bene anche in mezzo a manuali agricoli e che frequentando mio padre i consorzi agrari lo abbia ricevuto in regalo con l’acquisto di sementi o concimi.

La scelta di collocare questo articolo nella sezione ‘Pensieri sparsi’ è stata combattuta: in tal modo ho voluto evidenziare che la scoperta di un libro, fuori moda ma di valore affettivo, sia stata generata da una riflessione spontanea ma profonda fatta a pelo d’acqua sugli affetti e sulla importanza di celebrarli sempre. E che il ricordo di chi non è più fisicamente vicino a noi può essere ravvivato anche leggendo un libro le cui pagine il nostro caro ha sfogliato, ha accarezzato e su cui ha anche sognato.

Come si celebrano i defunti dalle vostre parti?

Avete nella vostra biblioteca libri di famiglia?

 

 

 

 

 

 

 

 

2 risposte

  1. Incredibile questo post! Leggendolo mi sono immedesimata totalmente nella tua esperienza, anche perché di recente ho ereditato la biblioteca di famiglia, dopo la morte di mia madre, con tutti i libri di mio padre. Molto bello questo ricordo di lui attraverso le sue scelte letterarie. Anche io ho letto alcuni dei romanzi che aveva collezionato, riguardanti in particolare avventure, sempre fine ottocento, inizi novecento, da cui ho appreso la vita degli orsi, le giornate sulla neve del nord nei paesaggi alla zanna bianca, e conosciuto molti autori che ahimè nessuno ricorda più. Cosa cercavo in quei lbri?
    Cercavo tracce di mio padre. E le ho trovate.
    Un saluto caro e buon an n o a te

    1. Ciao Elena. E’ un onore per me ritrovarti sul blog. Sono molto contenta che questo post ti sia piaciuto e che anche tu abbia potuto ricordare e ritrovare tuo padre tra le pagine dei suoi libri. Non posso dire che io abbia iniziato a leggere per imitazione di mio padre perché quando lui riuscì a dedicarsi alla lettura io ero già andata via da casa. Ma ricordo quando dopo il lavoro in campagna si riposava in terrazza gustandosi il suo libro. Ora lo ricordo con grande nostalgia. Ne approfitto per preannunciarti che presto mi ritroverai nella sezione dei tuoi romanzi con il mio commento al tuo libro Cascara finito di leggere già da tempo ma in attesa di rilettura per un giudizio più puntuale. Al momento ti dico solo che mi è piaciuto tanto. Tanti auguri per l’anno nuovo che nascerà tra poche ore.

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